Scuole Triathlon: progetto bocciato.

Copernico rivoluzionò davvero il mondo, Giubilei non sta facendo altrettanto con il triathlon nonostante scomodi spesso l’astronomo e matematico polacco e molti, all’interno del nostro movimento, abbiano la memoria corta.

L’ultima, in ordine cronologico, mancata svolta epocale è quella relativa alle Scuole Triathlon della quale si vuole contestare il percorso, il metodo e il contenuto. Inoltre, non sono una novità assoluta in quanto le Scuole Triathlon furono già proposte nel 2010 sotto la Presidenza Bertrandi.

Partiamo da una breve cronologia.

Il Progetto Scuole Triathlon sembra parta da lontano. Il presidente ha dichiarato di aver avuto mandato dal Consiglio Federale da tempo, già nel 2022. Sono così partiti i questionari alle società affiliate alla Federazione per il tramite dei CTM (Coordinatore Tecnico Macro Area) basati sulle schede qualità dei precedenti PAG (Progetto Attività Giovanile) e conclusisi nel primo trimestre del 2023. Il Progetto Scuole Triathlon è, poi, stato annunciato durante il briefing del Campionato Italiano Duathlon Giovani di Magione, approvato definitivamente nel Consiglio Federale di Cagliari del 26 maggio 2023, svelato sommariamente il 6 giugno durante una diretta web e presentato nel dettaglio il 17 giugno.

Quali sono i principali errori?

Riguardo le tempistiche:

Una federazione accorta avrebbe dovuto presentare nel dettaglio il progetto rendendolo noto con largo anticipo alle varie società.

Alcune società (NON tutte) che praticano attività giovanile si vedranno riconosciuti contributi che variano da € 500,00 a € 4.000,00, sulla base delle risposte date al questionario.

Bene, un buon incentivo ma, anche in questo frangente la modalità non è corretta. Infatti, a Magione, il presidente conosceva già “i tagli” dei contributi ma non ancora i criteri con cui assegnarli. Gli stessi criteri sarebbero stati costruiti a conclusione della raccolta dati.

Sarebbe normale prassi: stilare un regolamento, presentarlo alle società e dargli modo di partecipare al bando mettendo tutti sullo stesso piano. Conoscendo le regole, una società può strutturarsi per accedere allo scaglione successivo e, quindi, avere più risorse a disposizione per far migliorare il proprio settore giovanile. Costruire regole dopo aver somministrato il questionario che decide le modalità di assegnazione è un processo sbagliato.

Anche in questo frangente la trasparenza, l’equità e la meritocrazia non sono state le parole chiave. Un modus operandi che lascia più di un dubbio.

Riguardo i criteri di classificazione:

  • Assegnare le fasce – o sei Scuola Triathlon o non lo sei. Il titolo deve essere assegnato con criteri basilari come avviene ad esempio con la Federazione Italiana Nuoto che ha introdotto le Scuole Nuoto Federali nel 2001. Oggi sono oltre 600 e i requisiti per essere riconosciuti tali sono pochi: essere affiliati da almeno 1 anno; svolgere attività didattica in almeno 1 disciplina federale; avere spazi acqua adeguati alla quantità e alla tipologia dei corsi svolti; avere un organigramma composto da dirigenti e tecnici in possesso delle qualifiche riconosciute dal SIT di competenza. Perché? Avere o non avere il titolo di Scuola Triathlon è una discriminante molto forte e non averlo potrebbe penalizzare diverse società sportive che svolgono l’attività da diversi anni. Le fasce, poi, non dovrebbero esistere.
  • I punteggi – alcuni punteggi sono estremamente penalizzanti e non rappresentano un indice diretto della qualità. Analizziamo i più critici:
    • partecipazione alle competizioni: avere un numero minimo di atleti non è sinonimo di qualità di Scuola Triathlon o non significa che non si insegni ai bambini e ai ragazzi a fare Triathlon (Scuola e Squadra son due cose distinte e diverse);
    • numero dei tesserati: anche in questo caso non è il numero di atleti che inficia la qualità della Scuola Triathlon;
    • strutture utilizzate: se l’impianto natatorio è conditio sine qua non per avviare una squadra di triathlon (indipendentemente dall’età), non lo è l’utilizzo della pista di atletica leggera, tantomeno quello di un velodromo/ciclodromo. In quest’ultimo caso risulta esserci anche una discriminante non da poco esistendo solo 28 strutture in Italia, di cui 1 coperta;
    • automezzi societari: avere o non avere un automezzo societario non dovrebbe essere considerato un criterio di assegnazione punteggio. Non è necessario all’attività. Quando può essere utile si può affittare;
    • punti bonus: discutibili l’impianto di proprietà e la percentuale riguardo i giovanissimi. Riguardo al primo auspico che sempre più società di nuoto si affilino alla Fitri o che sempre più società di triathlon possano prendere in gestione un centro sportivo. in entrambi i casi c’è molto da lavorare andando a ripescare progetti di successo passati o supportando le società a seguire una determinata strada e cambio di mentalità.

Riguardo i brevetti assegnati ai giovanissimi:

  • Non scindere l’Attività di Scuola dall’Attività Agonistica – tecnicamente un bambino che si avvicina al triathlon a 6 anni, può essere iscritto nella categoria Mini Cuccioli e può partecipare a una manifestazione sportiva. Due sport affini al nostro come il nuoto e l’atletica leggera permettono di iniziare l’Attività di scuola rispettivamente a 3 e 4 anni. In entrambi i casi ai bambini vengono insegnate le basi delle varie discipline e al termine dell’intero ciclo didattico gli viene proposto di intraprendere l’Attività Agonistica e non solo. Anche nel nostro caso, l’introduzione dei brevetti poteva essere un’occasione per scindere l’attività di Scuola dall’attività agonistica, ma non è stata colta.
  • Accostamento dei livelli di abilità all’età anagrafica – chiunque si occupi di sport sa bene che età anagrafica e livello di sviluppo delle abilità motorie non sempre vanno di pari passo. Accostare l’acquisizione di un brevetto ad una specifica età anagrafica non solo è poco utile, ma rischia di essere controproducente e dannoso per una crescita motoria armonica dei giovani triatleti. I tecnici meno esperti potrebbero essere tratti in inganno dal voler per forza raggiungere alcuni obiettivi tecnici con bambini che non hanno un livello motorio in linea con la loro età anagrafica.

Ecco Fabio, esperienza e competenza a disposizione della squadra

Prima di decidere di scendere in campo e manifestare la mia intenzione a candidarmi alla Presidenza della Federazione Italiana Triathlon ho avuto modo di confrontarmi con molti stakeholders del nostro movimento.

Sin dall’inizio, un gruppo di persone mi è stato vicino incoraggiandomi ad andare avanti: non sono mai stato solo!

È giunto il momento di presentarvi Fabio Rastelli.

Fabio è un allenatore professionista di triathlon che svolge questa attività a tempo pieno. Laureato con lode in Scienze Motorie, ha poi conseguito il Dottorato di Ricerca in Discipline delle Attività Motorie e Sportive, continuando l’attività di ricerca al CNR di Milano, occupandosi di Fisiologia dell’Esercizio Fisico.

Da sempre amante dello sport praticato, parallelamente all’attività di ricerca ha portato avanti l’attività di allenatore che, dopo una breve parentesi nell’atletica leggera, è stata interamente rivolta al triathlon, dapprima nel settore age-group, poi in quello giovanile ed élite.

Ha lavorato con atleti olimpionici, aiutandoli a raggiungere diversi podi in Coppa del Mondo e in Coppa Europa, oltre alla qualifica per i Giochi Olimpici, e con atleti élite sulle lunghe distanze con i quali hanno raggiunto alcune top10 in gare del circuito Ironman. È stato allenatore, Program Manager e Performance Analyst della Nazionale Italiana élite di Triathlon e ha avuto modo di collaborare per alcuni anni con Joel Filliol e gli atleti del suo squad, tra cui diversi campioni del mondo e una medagliata olimpica. Grazie al suo background è stato membro della delegazione italiana ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020.

Si è impegnato molto anche nella formazione di giovani allenatori, in quanto ritiene che trasmettere le proprie conoscenze sia un lavoro che porta a mettere in discussione e rivalutare ciò che si è appreso negli anni, avendo un’importante opportunità di crescita personale. È stato docente di Atletica Leggera e di Valutazione Funzionale all’Università degli Studi dell’Aquila, docente di Metodologia dell’Allenamento all’Università degli Studi di Roma “Foro Italico” e, non ultimo, ha fatto parte del corpo docenti della Federazione Italiana Triathlon.

Lo svolgimento di numerose collaborazioni su discipline sportive diverse hanno arricchito il suo bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche. È stato collaboratore:

  • della FIGC nell’ambito di progetti di sviluppo dell’allenamento giovanile;
  • di Technogym per lo sviluppo di nuovi strumenti per l’allenamento della forza;
  • della Squadra Nazionale Italiana di pattinaggio su ghiaccio “short track” per la preparazione dei mondiali di Vienna 2009;
  • della Squadra Nazionale Russa di pattinaggio su ghiaccio “long track” per la preparazione dei mondiali di Heerenveen 2010;
  • della Squadra Nazionale Cinese di marcia per la preparazione dei mondiali di Daegu 2011.

Sin dal primo incontro io e Fabio ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda. L’atleta élite deve essere messo al centro del proprio progetto, deve essere supportato nel raggiungere gli obiettivi prefissati e deve essere lasciato libero di seguire il proprio percorso con le proprie persone di fiducia conoscendo da subito le linee guida che lo accompagneranno durante il quadriennio, basate su meritocrazia e risultati, senza che queste vengano modificate in corso d’opera o siano bypassate da soggettività o scelte politiche.

“Dall’esperienza maturata con atleti di alto livello ho imparato che, sebbene gli aspetti tecnici siano di grandissima importanza, la chiave per il raggiungimento delle massime performance è la consapevolezza e la presa di responsabilità da parte dell’atleta delle scelte sul proprio processo di crescita – dice Fabio Rastelli – Un atleta che sceglie il proprio percorso in maniera consapevole, crede fortemente nella strada scelta e questo produrrà motivazione e impegno massimi; viceversa una strada imposta potrà essere percorsa in maniera impeccabile dall’atleta, ma con motivazione e impegno scarsi. L’allenatore dovrebbe responsabilizzare gli atleti e stimolarli a farsi carico delle proprie scelte, consigliando e mai imponendo loro la strada da seguire”.