Gli atleti, il lato più bello dello sport

Ricevo questo scritto da Maurizio De Benedetti, candidato consigliere quota tecnici, che voglio condividere insieme a voi.

“Gli atleti sono la parte bella di una qualsiasi organizzazione sportiva. I tecnici si occupano di loro e li proteggono come dei figli, insieme alle società e, quando sono fortunati, alle famiglie.

La cosa più triste per un tecnico e per il suo staff è che l’atleta lo lasci per provare a crescere altrove.

L’atleta, la parte bella dello sport!

Come non essere contenti quando i risultati arrivano e, più ancora, quando sono prestigiosi.

Ma i nostri migliori atleti fuggono ad allenarsi all’estero. A loro spese. Perché?

L’attuale dirigenza, insieme all’area tecnica, ha fatto di tutto per tenerli sotto la propria ala, per poi arrendersi all’evidenza dei fatti. Così i campioni si allenano negli squad all’estero. Il peso grava, così, sulle società di appartenenza, sugli stipendi degli atleti e sulle famiglie, artefici dei loro successi con l’impegno economico investito.

Le richieste verso la Federazione di questi splendidi atleti sistematicamente ignorate, anzi, ostacolate in tutti i modi.

La cosa che stride e davvero fa arrabbiare è che quando questi stessi atleti fanno risultato internazionale la “federazione social” li applaude come fosse farina del proprio sacco.

Perché, invece, non ci spiega i motivi di queste fughe? Sarebbe come ammettere la scarsa lungimiranza sui reali bisogni di un atleta di alto livello. A chi chiedeva, è stato risposto che la Federazione non è un bancomat. E allora, a cosa servono i soldi se non a far crescere agonisticamente un atleta, il proprio staff di lavoro e il movimento intero?

Facile millantare meriti non propri, ma la politica del massimo risultato con il minimo sforzo prima o poi implode.

Ora, presidente, se la giochi come al solito da vittima, da quello che viene attaccato senza ragione, vittima dei dimissionari, vittima degli attacchi sconsiderati dell’opposizione. Una sorta di “a mia insaputa“, il più classico del peggiore stile italiano. Un modus operandi di cui davvero non ne sentiamo più il bisogno.”

Il Paratriathlon esige rispetto! Servono progetti concreti, scelte oculate… e sapere chi è il DT

“Siamo profondamente fieri di far parte della delegazione italiana più numerosa di sempre che andrà a onorare al meglio il body azzurro a Parigi. La strada da percorrere è ancora molta ma sono sicuro che la direzione è quella giusta, un passo alla volta possiamo arrivare a grandi risultati”.

Queste le parole che chiudono le dichiarazioni di Renzo Roiatti, Direttore Tecnico Paratriathlon (mai comunicato il cambio di Direzione Tecnica dalla squadra presentata in pompa magna a inizio 2022 dove era presente Mario Poletti, alla faccia della trasparenza, NDR).

Da un’attenta analisi sui numeri si parla di ovvietà!

Il Triathlon fa il suo debutto paralimpico a Rio 2016 con 6 eventi medaglia e 60 atleti, passando per Tokyo 2020 con 8 medaglie e 80 posti, fino ad arrivare a Parigi 2024 con ben 11 eventi medaglia e 120 posti.

Diventa chiaro come sia stato possibile avere 5 atleti qualificati dal ranking ed 1 invitation, rispetto alle 5 slot ottenute a Tokyo tre anni fa che rappresentavano il 6,25% contro il 5% dell’attuale quota di slot disponibili allocate a queste paralimpiadi.

Non possiamo dimenticare che gli atleti che andranno a “onorare il body azzurro al meglio” lo faranno per loro caparbietà e spirito di sacrificio, visto che alcuni alla vigilia dell’ultima gara di qualifica e ancora in top 9 hanno dovuto pagare le spese di trasferta per inseguire questo obiettivo. “La strada da percorrere” si fa ancora più in salita sapendo che tre dei qualificati, praticamente la metà, è stata lasciata fuori dal ritiro pre-paralimpico perchè non probabili di medaglia. Viene da chiedersi: tutti questi fondi sbandierati a destra e a manca dove vanno a finire? Non di certo sono investiti sugli atleti che vanno alle Paralimpiadi.

379mila euro a cui si vanno ad aggiungere altri 160mila per l’anno in corso, per arrivare a quota 539mila euro che non bastano per permettere agli atleti di seguire un percorso lineare e sereno di qualifica e nemmeno affrontare al meglio la preparazione e l’allenamento con tutto il supporto necessario da parte della Federazione. Per la dignità degli atleti questo è inaccettabile.

Questa Federazione si merita una gestione più trasparente e meritocratica, che ascolti i tesserati, gli atleti, i tecnici, i dirigenti. Che lavori davvero per ottenere il “grandi risultati”, con impegno e supporto, senza sparire quando le acque si fanno agitate e riapparire per sbandierare fuffa al vento.

Una scelta accurata delle gare per gli atleti élite nel Paratriathlon è essenziale ed è uno dei nostri punti chiave nella gestione dell’alto livello, non dimentichiamo che per questo motivo abbiamo lasciato uno se non due atleti fuori dalla Qualifica Paralimpica.
Una figura tecnica di riferimento come il DT in un “triennio” non può essere sostituita così alla leggera: noi imposteremo una programmazione più a lunga gittata e soprattutto tempestiva in base alle esigenze di uno sport così dinamico.
Coinvolgere o meno gli atleti nei raduni dovrà essere chiaro sin dall’inizio, e soprattutto servirà a motivare il confronto ed accrescere il proprio bagaglio tecnico per raggiungere davvero l’alto livello.

Si può #faredipiù, si può #faremeglio e si può #fareinsieme, per essere veramente inclusivi e per dare dignità ai sacrifici che tutti abbiamo fatto, facciamo e faremo per questo nostro amato sport.

Denunciate e debellate chi non vuole il bene del nostro movimento, il 31 agosto venite a votare e se non potete farlo, delegate ricordandovi che il sistema assistenzialistico e clientelare di quest’ultimo triennio è sistema che non aiuta il movimento crescere, è sistema che fallisce in partenza perché non premia il merito e la competenza e non fornisce una visione a medio lungo termine.

Analisi dei risultati di Parigi 2024: appuntamento con la storia ancora rimandato

Anche questa volta, non abbiamo scritto la storia

Perdonateci questa semicitazione, ma analizzando i risultati dell’Italia del Triathlon ai Giochi Olimpici, è la prima conclusione che ci viene in mente.

Abbiamo seguito e incitato i nostri portacolori, da vicino o da casa, abbiamo fatto il tifo per loro in ogni modo e ci siamo anche goduti lo spettacolo che le due prove individuali di Parigi 2024 ci hanno regalato. 

Quando si assiste all’evento più importante del quadriennio, è sempre bello ed emozionante vedere il body azzurro nel gruppo, lo è ancora di più quando lo vediamo in testa, sebbene nelle fasi iniziali delle gare. Però un conto è essere tifosi, un conto è dirigere una federazione e avere la responsabilità dell’area tecnica che ha come missione quella di ottenere il miglior risultato possibile nelle gare di alto livello, in particolare ai Giochi Olimpici.

Ci siamo presi qualche ora, abbiamo smaltito l’adrenalina che ogni Olimpiade regala, e abbiamo compiuto un’analisi dettagliata dei risultati Olimpici dal 2000 a oggi.

Andiamo dritti al punto: i risultati ottenuti dalla Nazionale Italiana di Triathlon sono stagnanti. Ci sono stati due acuti che hanno portato ad altrettanti diplomi olimpici, il 5° posto di Nadia Cortassa ad Atene 2004 e il 7° posto di Alice Betto a Tokyo 2020, ma la media dei piazzamenti degli Azzurri è sempre stata, a grandi linee, equivalente.

Malgrado la narrazione degli ultimi mesi abbia identificato nella giovane età degli atleti uno dei tratti distintivi della nazionale italiana, i numeri danno altre risposte. L’età media degli italiani è di 29 anni (ci sono 11 nazioni che hanno portato almeno 3 atleti a Parigi che hanno un’età media inferiore, il Portogallo 25,2 anni): 2,5 anni in più rispetto ai vincitori (26,5 anni), 0,9 rispetto ai medagliati e alla top-8 (28,1). 

Rispetto a Tokyo 2020, la selezione italiana ha 0,8 anni in più. Tre anni fa c’erano già Pozzatti, Betto e Steinhauser, mentre Seregni e Crociani sono alla prima esperienza olimpica. I nostri due giovani, però, non lo sono in assoluto (ricordiamo che Uccellari fu il più giovane della start list di Londra 2012, 21 anni): Bianca è la sesta più giovane (5 ragazze nate più tardi di cui una 4 anni più tardi), Alessio è il secondo/terzo più giovane (pari merito con McCullough).

Anche sull’approccio dell’area tecnica attuale nei confronti del passaggio da gare junior a élite ci sarebbe ancora tanto da dire, ma ci limitiamo a ribadire che gli atleti élite italiani approdano ai massimi livelli delle competizioni internazionali più tardi rispetto ai coetanei di altre nazioni, in particolare rispetto a quelle di riferimento che non lesinano a schierare atleti poco più che ventenni nel massimo circuito mondiale (Knibb, Tertsch e Waugh, Vilaca, Hellwig, Lehmann, Thorn, Batista e Hidalgo, solo per citare qualche nome).

Se guardiamo al medagliere complessivo delle gare individuali (aggiornato a mercoledì 31 luglio) del triathlon alle Olimpiadi, notiamo come 16 nazioni abbiamo portato atleti sul podio. Tante? Poche? Un solo dato è incontrovertibile: l’Italia non fa parte di questo gruppo. Arrivare a primeggiare al termine di un quadriennio olimpico, fare risultato ai Giochi Olimpici, portare a casa una medaglia o un successo, sono processi complessi e macchinosi, che necessitano di una pianificazione ben definita non soltanto per il breve periodo e una gestione scrupolosa delle risorse a disposizione. 

A proposito di gestione delle risorse, balza all’occhio un dato: a Parigi 2024 sono stati ottenuti gli stessi risultati di Rio 2016 nonostante un maggiore dispiegamento di risorse federali, più del doppio (22,1 milioni in 3 anni, 7,4 a stagione).

Ambienti di lavoro quotidiano qualificati, atleti liberi di inserirsi in questi contesti e di sfruttarli al massimo, valorizzazione e supporto delle scelte e dei percorsi individuali: questo servirebbe per far crescere i triatleti italiani, questa sarebbe la destinazione corretta degli investimenti, ma la Federazione non ha promosso e messo in atto nulla di tutto ciò. Allora, dove sono finite tutte queste risorse?

Abbiamo ascoltato molti proclami sul bilancio e sulle entrate della FITRI che spesso somigliavano a un mantra, o meglio, a un disco rotto. Dati alla mano, non sono altro che l’ennesima dimostrazione di inefficienza della dirigenza che ha guidato la Federazione dal 2021 a oggi. In qualsiasi azienda, un manager che realizza lo stesso utile a fronte di un investimento doppio, sarebbe immediatamente sollevato dall’incarico. 

In queste ore, il presidente decaduto, in prorogatio per lo svolgimento dell’attività ordinaria, sta continuando a fare proclami da Parigi (stucchevole l’intervista rilasciata alla Rai pochi minuti prima della partenza della gara femminile, in cui parla ancora di federazione in crescita ed evita di parlare di risultati “per scaramanzia”) e sui social, ribadendo di come il suo mandato sia stato contraddistinto da visione, lavoro, competenza, programmazione. I numeri però dicono un’altra cosa, il campo gara, anche. Intanto, l’appuntamento con la storia è nuovamente rimandato.

Principi e struttura dell’Area Tecnica

Una caratteristica che mi contraddistingue è quella dell’ascolto. Quando mi confronto con le persone, le ascolto. Il passo successivo è quello di rielaborare quanto ascoltato per trovare proposte.

Insieme all’ascolto ritengo debba esserci un’altra fase, quella dell’analisi e della critica. Se fatta in maniera costruttiva, aiuta a capire lo stato dell’arte, a comprendere il problema e a scoprire soluzioni pratiche.

Questo metodo accomuna me e le persone che hanno deciso di appoggiarmi alla candidatura per la Presidenza della Federazione Italiana Triathlon.

Sinora, lo ammetto, ho e abbiamo molto criticato. Lo abbiamo fatto senza mancare di rispetto a nessuno e senza offendere nessuno. Lo abbiamo fatto per portare alla luce alcuni problemi (molti altri ce ne sono) e per proporre delle soluzioni.

La prima proposta che proviamo a riassumere di seguito è quella relativa alla struttura dell’Area Tecnica che, come leggerete, coinvolgerà i vari settori e, rispetto all’attuale risulterà più snella.

Il settore tecnico della Federazione necessita di una nuova struttura organizzativa. Il sistema attuale si è dimostrato insufficiente nel sostenere gli atleti nel loro percorso di performance. Troppi incarichi, poca chiarezza sui compiti e sulle responsabilità. Molta inefficienza e conseguente spreco di risorse anche economiche.

Migliorare l’organizzazione delle strutture federali sarà un primo passo verso l’ottenimento di risultati di eccellenza, in linea con gli obiettivi della nuova dirigenza.

Obiettivo produrre vincitori: allenatori e atleti in grado di vincere ai massimi livelli internazionali.

Cambiare solo l’organizzazione delle persone non sarà sufficiente. Occorrerà anche lavorare per diffondere a tutti i livelli una nuova cultura dell’eccellenza. L’obiettivo di avere atleti vincenti alle massime competizioni internazionali sarà raggiunto quando tutte le componenti del sistema lavoreranno secondo principi di eccellenza e avendo ben chiaro questo obiettivo.

Occorre essere prima di tutto consapevoli che gli organigrammi, la struttura federale di per sé, non creano vincitori, ma hanno la funzione fondamentale di produrre opportunità per atleti e allenatori, oltre che a tutto lo staff che lavora con loro.

L’organizzazione attuale si è dimostrata inadeguata a supportare gli atleti in un ambiente internazionale in cui la competizione è sempre maggiore. Molti incarichi. Collaboratori selezionati in base a scelte politiche piuttosto che meritocratiche. Cultura della partecipazione piuttosto che cultura della vittoria. Tutti questi elementi hanno contribuito a creare una situazione in cui i risultati ottenuti sono stati inferiori al potenziale dei nostri atleti e sicuramente al di sotto degli standard internazionali di eccellenza.

A questi errori di contesto si sono aggiunte scelte strategiche sbagliate, dettate innanzitutto dal mancato coinvolgimento degli atleti (e dei loro coach personali) nelle decisioni riguardanti la preparazione e la programmazione delle gare. E ciò in funzione di un modello impostato sul centralismo e in cui si è supposto che la Federazione potesse avere un ruolo preponderante e diretto nell’attività di allenamento dei nostri migliori atleti. Ciò alla prova dei fatti si è rivelato un fallimento, dato che le molteplici attività di raduno di gruppo non hanno fatto altro che interrompere il processo portato avanti dai singoli atleti nei loro ambienti quotidiani di allenamento.

Inoltre: poca responsabilità alle figure messe ai vertici dell’organizzazione. Ruoli di facciata, decisione prese dal presidente, nella migliore delle ipotesi dal presidente e dal direttore sportivo.

L’analisi della situazione attuale e delle relative problematiche suggerisce, quindi, di pensare a nuove condizioni per migliorare l’organizzazione del settore tecnico federale. Per il settore Élite, contrariamente al presente, tali obiettivi dovranno essere ambiziosi e in linea con le potenzialità dei nostri atleti e del nostro movimento (no partecipazione, si cultura dell’eccellenza).

Partendo, daremo una nuova impostazione, affinché ogni struttura e ogni ruolo siano regolati in modo chiaro e ordinato.

Gli step che seguiremo saranno i seguenti:

  1. Ridefinire la struttura delle aree federali;
  2. Definire in maniera chiara ruoli e mansioni nelle singole aree;
  3. Identificare obiettivi, priorità e carichi di lavoro;
  4. Lasciare autonomia alle risorse coinvolte, eliminando inutili percorsi burocratici;
  5. Fornire a ciascuno una responsabilità e degli obiettivi prefissati e chiari: ciascun contratto dovrà avere una precisa job description nella quale emergano chiaramente le responsabilità di ciascun ruolo.

L’Area Tecnica federale non deve in nessun modo sostituirsi ai tecnici che lavorano quotidianamente con gli atleti; al contrario, deve supportare il percorso che atleta e allenatore scelgono di seguire per raggiungere un miglioramento prestativo, fornendo loro strumenti adeguati alla propria crescita e numerose occasioni di confronto e discussione sui percorsi scelti.

Per fare questo è importante valorizzare gli ambienti di allenamento quotidiano, riconoscere e rispettare le decisioni dell’atleta nella scelta del proprio environment, così come le decisioni tecniche prese dalle figure di riferimento scelte dall’atleta.

In questo scenario, il ruolo dell’Area Tecnica è tutt’altro che passivo: le figure di riferimento nello staff federale devono confrontarsi (mai imporsi!) con atleta e allenatore in modo da rimarcare le priorità della Federazione dal punto di vista delle strategie da mettere in atto per ranking, campionati e soprattutto qualifica olimpica; devono, inoltre, ricercare un confronto laddove intravedano una stasi o un peggioramento prestativo. Tutte queste azioni devono essere messe in atto nel solo interesse dell’atleta e nel massimo rispetto della sua indipendenza.

Area Élite

L’obiettivo principale di quest’area è ottenere il miglior risultato possibile in chiave Olimpica, considerando tutte le gare del programma Olimpico (individuale femminile, individuale maschile, mixed-relay).

Strettamente legato all’obiettivo principale c’è l’obiettivo di crescita degli atleti, sia dal punto di vista prestativo che dal punto di vista dell’autonomia nella gestione del proprio processo di crescita; questo obiettivo sarà ovviamente relativo al livello di partenza di ciascun atleta.

Oltre all’ambizioso obiettivo di migliorare le prestazioni di vertice, c’è anche l’obiettivo di alzare il livello prestativo generale del triathlon italiano, favorendo la crescita dei tecnici e rendendo presenti sul territorio circuiti che siano maggiormente appetibili per atleti e team di alto livello; ovviamente quest’ultimo obiettivo non coinvolgerà unicamente l’Area Élite, ma sarà necessaria la collaborazione con altre aree federali anche esterne al settore tecnico.

Staff dell’area élite:

  • Direttore della Preparazione Olimpica
  • Responsabile della Squadra Nazionale
  • Tecnico Squadra Nazionale o Responsabile logistica Squadra Nazionale

Area Paratriathlon

L’obiettivo principale di quest’area è ottenere il miglior risultato possibile in chiave Paralimpica per ciascuna categoria.

Considerato l’esiguo numero di paratriatleti presenti in Italia, quest’area dovrà lavorare anche per incrementare i numeri del movimento, trovando il modo di supportare le squadre anche con attività di scouting.

Staff dell’area Paratriathlon:

  • Direttore Tecnico Paratriathlon
  • Responsabile della Squadra Nazionale Paralimpica

Area Giovanile

L’obiettivo principale di quest’area è far crescere giovani atleti sani, completi dal punto di vista tecnico e motivati nel continuare la propria strada nel triathlon. È da sottolineare che in nessun caso quest’area deve puntare al raggiungimento di risultati prestativi in età giovanile.

Quest’area, oltre a valorizzare i giovani triatleti, deve valorizzare le società sportive e i tecnici che dimostrino di aver svolto un buon lavoro con i giovani, in accordo con l’obiettivo principale dell’area giovanile enunciato in precedenza. Al momento i tecnici e le società giovanili vengono valorizzati permettendo loro di accedere ad alcune attività élite o fornendo fondi a pioggia e senza criteri chiari. Si deve, invece, valorizzare il lavoro dei migliori tecnici e società giovanili, supportandoli nel migliorare ulteriormente l’attività che svolgono, e che devono continuare a svolgere, nel settore giovanile.

Staff dell’area Giovanile:

  • Direttore Tecnico giovanile
  • Tecnico Nazionale giovanile
  • Tecnici responsabili di Macroarea
  • 2 Osservatori Nazionali (figure impegnate nello scouting di nuovi talenti del triathlon impegnati in altre discipline

Responsabile sviluppo (da giovani a élite)

Questa figura, non inquadrata in maniera precisa in un’area (la si deve immaginare a cavallo tra il settore élite e quello giovanile), avrà lo scopo di coordinare e guidare gli atleti, e il loro environment, che hanno appena concluso le categorie giovanili (fine categoria junior) e ambiscono a diventare atleti élite di buon livello.

Rispetto alle categorie giovanili, il focus sarà spostato maggiormente sulla performance, ma quest’ultima sarà valutata in funzione degli standard richiesti per la categoria élite.

Area Multisport

Quest’area comprende Duathlon, Aquathlon, Long distance, Duathlon e Triathlon cross, Winter Triathlon e Duathlon (nel caso in cui, come ci auguriamo, Swimrun e Aquabike possano essere inseriti all’interno delle discipline della Fitri con il prossimo cambio di Statuto, le stesse saranno ricomprese in quest’area).

Accorpare tutte queste discipline in un’unica area servirà a ottimizzare le risorse, permettendone una più accurata gestione. Infatti, essendoci un unico Direttore di area, sarà lui responsabile della ripartizione dei fondi in base ai principi che guidano tale area e agli obiettivi della Federazione.

Quest’area avrà lo scopo di dare nuovi e diversi stimoli al movimento italiano della multidisciplina, promuovendo il multisport e offrendo, in base al merito, nuove opportunità agli atleti che non riescono a esprimersi al meglio nel triathlon.

Staff dell’Area Multisport:

  • Direttore Tecnico multisport

Area Age Group

Quest’area ha lo scopo di coinvolgere il più possibile gli atleti Age Group, motivandoli e rendendoli parte di iniziative che li facciano sentire gratificati e realmente parte del movimento. In quest’ottica, l’Area Age Group dovrà favorire la partecipazione attiva degli atleti amatori a gare, raduni, eventi di promozione e qualunque altra iniziativa promossa dalla Federazione.

Staff dell’area Age Group

  • Responsabile settore age-group

Area Medica

Quest’area, oltre ad assolvere i propri doveri legali verso la Federazione, dovrà supportare in maniera attiva e costante gli atleti (soprattutto di alto livello), in modo da diventare per loro un riferimento importante, oltre alle figure già presenti nel proprio environment.

Staff dell’Area Medica:

  • Medico federale
  • 2 Fisioterapisti, 1 osteopata, 1 nutrizionista, 1 psicologo dello sport se danno disponibilità annuale, altrimenti più elementi da convocare con gettone di presenza

Area Performance Analysis

Quest’area dovrà collaborare con tutte le altre aree, in base a un ordine di priorità che rispecchi gli obiettivi della Federazione, in modo da raccogliere, analizzare e interpretare dati col fine di migliorare non solo la performance, ma anche e soprattutto la gestione del processo di allenamento degli atleti.

Compito di quest’area sarà anche quello di collaborare con il SIT, per favorire lo scambio di informazioni e il confronto sia con professionisti dei settori di interesse, sia con i tecnici federali per la loro formazione e aggiornamento.

Staff dell’area Performance Analysis:

  • Performance analyst, che potrà avvalersi della collaborazione delle figure che riterrà opportune (non più di 2)

SIT (Settore Istruzione Tecnica)

Quest’area ha lo scopo di formare e aggiornare: i tecnici, i dirigenti, gli organizzatori, i giudici, i delegati tecnici, di qualunque livello e ambito di disciplina, ma soprattutto avrà lo scopo di stimolare e motivare tutte le figure sopracitate nel mantenersi continuamente aggiornati, proponendo un’offerta formativa che sia realmente spendibile all’atto pratico e non finalizzata al mero raggiungimento dei crediti per il rinnovo della qualifica federale.

È auspicabile che quest’area sia in linea e lavori in collaborazione con i centri di formazione del CONI, Sport e Salute e delle principali Università.

Infine, quest’area potrà e dovrà avvalersi della collaborazione di professionisti nei vari settori di competenza dei corsi proposti.

Staff del SIT:

  • Responsabile del SIT

Parigi 2024: non c’è nulla di storico (a parte i proclami)

Ho deciso di scrivere questo articolo per fare chiarezza su alcuni aspetti riguardo a presunti “risultati storici” raggiunti in ottica di Parigi 2024 dall’attuale staff tecnico della Federazione Italiana Triathlon, su commenti su social media non corrispondenti al vero e riguardo a interviste di dubbio contenuto e gusto rilasciate dal presidente Giubilei.

Partiamo dall’ultimo punto.

Sono rimasto basito dalla dichiarazione del presidente Giubilei in un’intervista rilasciata a ilgiornale.it, di seguito riportata:

Ora l’obbiettivo è quello di qualificare una terza donna, risultato che probabilmente avrebbe già potuto essere raggiunto se Alice Betto, diventata mamma lo scorso anno, non avesse saltato gare per la gravidanza.”

Ritengo una simile dichiarazione inappropriata e offensiva in quanto credo che Alice, come tutte le atlete abbiano il diritto di diventare mamme nel momento che ritengono più opportuno.

Essendo la qualificazione non nominativa, l’area tecnica avrebbe dovuto e potuto programmare meglio la partecipazione della rosa di atlete a disposizione per raccogliere il massimo risultato possibile. Al tempo stesso validare un regolamento interno oggettivo e chiaro per la qualifica nominativa degli atleti.

Passiamo al secondo punto. Ci sono molti commenti inesatti sui social e non si fa nulla per provare a mettere chiarezza. Per esempio: le Nazioni, compresa l’Italia, possono portare alle Olimpiadi un numero massimo di 3 uomini e 3 donne. Nel caso di partecipazione alle gare individuali e Mixed Relay, gli atleti che partecipano alle gare individuali, compongono la Mixed Relay. Perché, non chiarire? Certo, dire che si portano 10 atleti ai Giochi Olimpici è meglio che portarne 4, 5 o 6 e se fatto un raffronto con il passato, potrebbe uscirne un nuovo record da sbandierare in faccia a chi prende tutto per vero.

Infine, il terzo punto. Partiamo da un po’ di storia. Il triathlon ha fatto il suo debutto olimpico con le sole gare individuali ai Giochi Olimpici di Sydney 2000. La staffetta, nella formula 2+2, ha visto il debutto 21 anni più tardi, all’Olimpiade di Tokyo 2020 (disputata nel 2021).

Quali e quanti gli atleti italiani qualificati a ogni edizione?

  • Sydney 2000 – 3
    • 1 uomo (Bottoni) – 2 donne (Gemignani e Cigana)
  • Atene 2004 – 3
    • 3 donne (Cortassa, Lanza e Gemignani)
  • Pechino 2008 – 4
    • 2 uomini (Fontana e D’Aquino) – 2 donne (Bonin e Chmet)
  • Londra 2012 – 3
    • 2 uomini (Fabian e Uccellari) – 1 donna (Mazzetti)
  • Rio 2016 – 4
    • 2 uomini (Fabian e Uccellari) – 2 donne (Bonin e Mazzetti)
  • Tokyo 2020 – 5
    • 2 uomini (Pozzatti e Stateff) – 3 donne (Betto, Steinhauser e Olmo) – 1 Mixed Relay (Steinhauser, Pozzatti, Betto e Stateff)

Passiamo al presente: per qualificare la Mixed Relay ci sono 4 criteri + 1 (essere la Nazione ospitante le Olimpiadi):

  • o aver vinto i Mixed Relay World Championships 2022 e 2023
  • o risultare tra le prime sei Nazioni della classifica di qualificazione Olimpica della Mixed Relay al 25 marzo 2024
  • o arrivare nelle prime due posizioni nell’evento Mixed Relay di Huatulco che si terrà tra il 17 maggio 2024
  • o avere 2 atleti uomini e 2 atlete donne qualificate individualmente

Tra questi, c’è un criterio più importante o prestigioso di un altro? A mio avviso, no. Ogni Nazione può decidere il proprio percorso di qualifica in base alla propria tipologia di atleti.

Essendosi l’Italia qualificata all’edizione di Tokyo 2020, l’unico fatto storico che poteva accadere a Parigi 2024 sarebbe stato il NON prendere parte alla Team Relay.

Per chi volesse approfondire i criteri di qualificazione Individuali e Team Relay, la World Triathlon ha provato a sintetizzarli in questo articolo.

Anche se le speranze sono oggettivamente ridotte al lumicino, mi auguro che si qualifichi la terza donna: quando c’è la Nazionale e un body azzurro di mezzo, ancora di più se parliamo di Giochi Olimpici, siamo tutti tifosi dell’Italia (compresi coloro che espongono le proprie critiche). Se questo miracolo sportivo si realizzasse, sarei convinto che il merito sarà esclusivo dell’atleta e non dell’area tecnica che, oltre ad aver peccato di presunzione, ha dimostrato di non sapere programmare.