L’adunata di Porto Sant’Elpidio: come alimentare il consenso sulle spalle dei giovani

All’uscita della news riguardo il raduno giovanile di Porto Sant’Elpidio, dobbiamo essere sinceri, siamo rimasti decisamente stupiti. Abbiamo dovuto rileggere più volte per essere sicuri che quel “91 atleti convocati” (più una quindicina di tecnici, nessuno dei quali donna!) fosse realmente scritto sul comunicato federale.

Oggi, ultimo giorno dello stesso, vogliamo fare una riflessione.

Questa volta sì che è stata fatta la storia! Mai in precedenza si erano organizzati raduni nazionali (o dovremmo dire adunate?) con così tanti atleti. Quali potrebbero essere le motivazioni che hanno portato la struttura tecnica a questo deciso cambio di rotta con il passato?

Dal punto di vista tecnico, non esiste un solo motivo per cui lavorare con un gruppo di atleti così allargato porti benefici rispetto al lavoro con un gruppo più ristretto. Tralasciando le ovvie problematiche di tipo logistico (sarà necessario fare due o più turni per l’uso della piscina, gli allenamenti di ciclismo dovranno prevedere la suddivisione in 5 o 6 gruppi con l’utilizzo di altrettanti mezzi al seguito, etc), l’aspetto principale è che i tecnici vedranno sminuito il loro lavoro, non potranno dedicare la necessaria attenzione a tutti gli atleti presenti e il loro contributo non potrà che essere molto superficiale. I raduni, inoltre, sono sempre stati una preziosa occasione per conoscere gli atleti, capire come lavorano quotidianamente, conoscere il loro carattere, le loro motivazioni e capire le difficoltà che incontrano: questo non può che essere fatto parlando con loro. Visto il numero di atleti convocati, anche questo aspetto non potrà che essere trascurato.

Dal punto di vista culturale, la rottura con la precedente impostazione è netta. Fino allo scorso quadriennio esistevano delle liste in cui gli atleti del settore giovanile venivano suddivisi in base ai risultati raggiunti e al livello di competenze acquisito, e sulla base di queste gli atleti venivano invitati a partecipare ai raduni nazionali (Lista A), di macroarea (Lista B) o regionali (Lista C). L’idea era quella di avere da un lato gruppi il più omogenei possibile con cui lavorare, dall’altro rendere evidente a tutti gli attori del settore giovanile quale fosse il “percorso” individuato dalla Federazione per sviluppare l’eccellenza e supportare gli atleti nei vari step di crescita.

Ora questo concetto sembra essere venuto meno: la scelta sembra essere quella di coinvolgere in attività centralizzate il maggior numero di giovani atleti possibile, indipendentemente dal livello di maturazione sportiva raggiunto e soprattutto senza una chiara indicazione dei criteri di accesso a queste attività. La centralizzazione delle attività sembra, inoltre, sottintendere una scarsa considerazione da parte della Federazione Nazionale circa la capacità delle strutture periferiche, Macroarea e Regionali, di offrire adeguate opportunità di sviluppo agli atleti dei loro territori. Eppure, almeno sulla carta, le competenze ci sarebbero, viste le decine e decine di tecnici regionali e responsabili vari presenti in organigramma federale.

Il nostro dubbio è che anche l’attività giovanile venga vista da qualcuno come un’ulteriore occasione di ricerca del consenso e che quindi anche le scelte tecniche vengano condizionate da una volontà superiore di non scontentare nessuno e, anzi, far felici più persone possibili, indipendentemente dal merito.

A nostro avviso, il tutto può essere ricondotto alla scelta della strada da seguire: da una parte la valorizzazione del merito, del percorso di crescita e della Maglia Azzurra (non dimentichiamoci che stiamo parlando di un raduno nazionale), dall’altra la volontà di far contenti tutti, pur trascurando gli aspetti qualitativi.

Dai fatti emerge chiaramente quale sia la strada intrapresa dall’attuale dirigenza (le convocazioni a questo raduno sono solo l’ultima conferma). Noi, come squadra di lavoro, siamo totalmente in accordo sulla scelta della strada del merito, per questo alcuni dei principi alla base del programma di Daniele Moraglia sono proprio la valorizzazione del merito e la tutela del percorso di crescita dell’atleta. Nel rispetto di questi principi, Daniele, quando verrà eletto, farà in modo che qualunque tipo di convocazione nazionale risponda a criteri chiari, semplici, ma soprattutto oggettivi.

Ecco Fabio, esperienza e competenza a disposizione della squadra

Prima di decidere di scendere in campo e manifestare la mia intenzione a candidarmi alla Presidenza della Federazione Italiana Triathlon ho avuto modo di confrontarmi con molti stakeholders del nostro movimento.

Sin dall’inizio, un gruppo di persone mi è stato vicino incoraggiandomi ad andare avanti: non sono mai stato solo!

È giunto il momento di presentarvi Fabio Rastelli.

Fabio è un allenatore professionista di triathlon che svolge questa attività a tempo pieno. Laureato con lode in Scienze Motorie, ha poi conseguito il Dottorato di Ricerca in Discipline delle Attività Motorie e Sportive, continuando l’attività di ricerca al CNR di Milano, occupandosi di Fisiologia dell’Esercizio Fisico.

Da sempre amante dello sport praticato, parallelamente all’attività di ricerca ha portato avanti l’attività di allenatore che, dopo una breve parentesi nell’atletica leggera, è stata interamente rivolta al triathlon, dapprima nel settore age-group, poi in quello giovanile ed élite.

Ha lavorato con atleti olimpionici, aiutandoli a raggiungere diversi podi in Coppa del Mondo e in Coppa Europa, oltre alla qualifica per i Giochi Olimpici, e con atleti élite sulle lunghe distanze con i quali hanno raggiunto alcune top10 in gare del circuito Ironman. È stato allenatore, Program Manager e Performance Analyst della Nazionale Italiana élite di Triathlon e ha avuto modo di collaborare per alcuni anni con Joel Filliol e gli atleti del suo squad, tra cui diversi campioni del mondo e una medagliata olimpica. Grazie al suo background è stato membro della delegazione italiana ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020.

Si è impegnato molto anche nella formazione di giovani allenatori, in quanto ritiene che trasmettere le proprie conoscenze sia un lavoro che porta a mettere in discussione e rivalutare ciò che si è appreso negli anni, avendo un’importante opportunità di crescita personale. È stato docente di Atletica Leggera e di Valutazione Funzionale all’Università degli Studi dell’Aquila, docente di Metodologia dell’Allenamento all’Università degli Studi di Roma “Foro Italico” e, non ultimo, ha fatto parte del corpo docenti della Federazione Italiana Triathlon.

Lo svolgimento di numerose collaborazioni su discipline sportive diverse hanno arricchito il suo bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche. È stato collaboratore:

  • della FIGC nell’ambito di progetti di sviluppo dell’allenamento giovanile;
  • di Technogym per lo sviluppo di nuovi strumenti per l’allenamento della forza;
  • della Squadra Nazionale Italiana di pattinaggio su ghiaccio “short track” per la preparazione dei mondiali di Vienna 2009;
  • della Squadra Nazionale Russa di pattinaggio su ghiaccio “long track” per la preparazione dei mondiali di Heerenveen 2010;
  • della Squadra Nazionale Cinese di marcia per la preparazione dei mondiali di Daegu 2011.

Sin dal primo incontro io e Fabio ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda. L’atleta élite deve essere messo al centro del proprio progetto, deve essere supportato nel raggiungere gli obiettivi prefissati e deve essere lasciato libero di seguire il proprio percorso con le proprie persone di fiducia conoscendo da subito le linee guida che lo accompagneranno durante il quadriennio, basate su meritocrazia e risultati, senza che queste vengano modificate in corso d’opera o siano bypassate da soggettività o scelte politiche.

“Dall’esperienza maturata con atleti di alto livello ho imparato che, sebbene gli aspetti tecnici siano di grandissima importanza, la chiave per il raggiungimento delle massime performance è la consapevolezza e la presa di responsabilità da parte dell’atleta delle scelte sul proprio processo di crescita – dice Fabio Rastelli – Un atleta che sceglie il proprio percorso in maniera consapevole, crede fortemente nella strada scelta e questo produrrà motivazione e impegno massimi; viceversa una strada imposta potrà essere percorsa in maniera impeccabile dall’atleta, ma con motivazione e impegno scarsi. L’allenatore dovrebbe responsabilizzare gli atleti e stimolarli a farsi carico delle proprie scelte, consigliando e mai imponendo loro la strada da seguire”.